Una rassegna di alcune sentenze di rilievo della Cassazione sul tema.
- n. 1975 del 18.01.24: la sottoscrizione della conciliazione presso la sede di un sindacato non costituisce un requisito formale, ma funzionale, in quanto volto ad assicurare che la volontà del lavoratore sia espressa in modo genuino e non coartato. Ne consegue che la stipula in una sede diversa non produce alcun effetto invalidante sulla transazione se il datore di lavoro prova che il dipendente ha avuto, grazie all'effettiva assistenza sindacale, piena consapevolezza delle dichiarazioni negoziali sottoscritte.
- n. 10065 del 5.04.24: la conciliazione in sede sindacale non può essere validamente conclusa presso la sede aziendale, non potendo quest'ultima essere annoverata tra le sedi protette mancando del carattere di neutralità indispensabile a garantire, unitamente all'assistenza prestata dal rappresentante sindacale, la libera determinazione della volontà del lavoratore. Pertanto, affinché una conciliazione possa dirsi valida e conforme all’art. 2113, comma 4 c.c. questa deve avvenire nelle sedi tassativamente indicate dall’articolo medesimo (aule giudiziarie, ispettorato del lavoro, sedi sindacali stabilite dal contratto collettivo, commissioni di certificazione). Il concetto di sede deve essere inteso come ambiente mirato a consentire al lavoratore di maturare il suo libero convincimento, senza essere oggetto di pressioni o condizionamenti esterni, in primis quelli provenienti dal datore di lavoro.
- n. 6664 del 1.03.22: Sono nulle le rinunce e transazioni, anche se stipulate in sede protetta e persino dinnanzi al Giudice del lavoro, che abbiano per oggetto diritti indisponibili o diritti non ancora entrati nel patrimonio giuridico del lavoratore. Tra le ipotesi di norma inderogabile in sede conciliativa vi rientra la durata massima del contratto di lavoro a tempo determinato stabilita dal Legislatore.
- n. 1887 del 21.01.22: il regime di annullabilità degli atti contenenti rinunce del lavoratore a diritti garantiti dal norme inderogabili di legge o di contratto collettivo, riguarda le ipotesi di rinuncia a un diritto già acquisito, mentre il diritto ancora controverso in quanto oggetto di una pretesa giudiziale non può ritenersi già acquisito nel patrimonio del rinunciante. Per la validità della transazione è necessaria la sussistenza della res litigiosa, ma a tal fine è sufficiente l'esistenza di un dissenso potenziale, anche se ancora da definire nei più precisi termini di una lite e non esteriorizzata in una rigorosa formulazione.
- n. 20201 del 18.08.17: se la conciliazione è conclusa nella sede "protetta" grava sul lavoratore l'onere di provare che, ciononostante, egli non ha avuto effettiva assistenza sindacale. Se invece la conciliazione è conclusa in una sede diversa, allora l'onere della prova grava sul datore di lavoro, il quale deve dimostrare che, nonostante la sede non "protetta", il lavoratore, grazie all'effettiva assistenza sindacale, ha comunque avuto piena consapevolezza delle dichiarazioni negoziali sottoscritte.
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